Tag: bullismo
Mer
26
Apr
2017
Basta con i fighetti della classe!
Ciao a tutti e a tutte.
Sto usando questo sito per comunicare un messaggio che molti giovani ragazzi e ragazze farebbero meglio a leggere.
È da tanto che si sente parlare di bullismo e di cyber-bullismo e gli autori di queste violenze sono proprio persone che hanno una certa fama nella classe se non addirittura nella scuola.
Queste "persone" sono la feccia del sistema scolastico occidentale!
Vengono considerati FIGHI solamente perché Bestemmiano,Fumano, Insultano,si credono i più forti del mondo ecc...
Io davvero non capisco come fa una persona che Fuma, che Bullizza persone innocenti ad essere amato e lodato...
Sono solo dei MALEDETTI DELINQUENTI che ogni giorno fanno passare l'iferno a chi ne è vittima!
Arrivano a rinchiudersi i se stessi e a non vivere!
E tutto questo per via di cagasotto che sfruttano la mentalità moderna per acquisire potere!
QUESTE PERSONE NON HANNO NIENTE DI BELLO E DI FIGO E NON SONO DEGLI ESEMPI DA SEGUIRE.
NON FATEVI INGANNARE DAL FATTO CHE SONO PRESI IN CONSIDERAZIONE MA PENSATE A QUANTE PERSONE SOFFRONO PER COLPA LORO.
Questo è il mio messaggio per voi giovani.
Siate ragionevoli, non lasciate che questa brutale società e stile di vita consumi le prossime generazioni.
PENSATE LIBERO!
#GANDESTELIBER
Mar
07
Feb
2017
mi ha offeso..davvero.. la odio.
una mia amica una volta mi disse: Tu non sei degna di rappresentare la tua famiglia.
Il motivo?: non studiavo a scuola...
ma cosa centra questa frase con quello che facevo a scuola?
Tanti non studiavano a scuola ma penso che quella frase se la poteva risparmiare.. mi ha proprio deluso ed offeso. E' vero non studiavo però so fare tante cose che lei non sa fare, ho fatto 12 anni di pianoforte e lei non sa neanche dove si trova il tasto del SI.
So fare altre cose che mi piacciono e che lei nons a fare proprio..
Ora abbiamo 24 anni io ne farò 25 a breve lei è più piccola di me di 7 mesi tipo.. fa l'università ed io no, mi sto per sposare e lavoro. Però mi tratta davvero di merda.. si crede la dea della dieta.. studia per nutrizionista.. e se io voglio bermi un frullato dimagrante mi dice: anche tu ti prendi le polveri miracolose?Ma dico ma lo fanno in tante , lo voglio fare anche io. Mi sono scocciata di quello che pensa e di quello che lei vorrebbe che io facessi . E' diventata troppo maestrina di sto cazzo.
Non la voglio più come testimone del miomatrimonio. Le ho detto che stavo male che dovevo andare da una psicologa. mi ha detto: Senti io non né voglio sapere niente lasciami stare. (mi aspettavo una risposta d'amica, avrei voluto dirle a lei il mio problema pensavo mi capisse o che mi ascoltasse e invece mi ha voltato le spalle), non chiedevo molto.
Al liceo ero vittima di bullissmo ma i miei genitori non né sanno niente fin ora. E lei si era messa dalla loro parte..Mi dicevano che puzzavo (avrei preferito che me lo dicevano in disparte , eh invece si sono messe a gridare fuori scuola davanti un'altra scuola e io sono scoppiata in lacrime, non c'era nessuno dalla mia parte ero timida e lei invece di difendermi un giorno mi ha detto :usciamo insieme .. siamo andate alla conad lei doveva fare la spesa e mi ha portato dritto ai deodoranti e mi ha detto : tieni usa questo dura 24h) ... non avevo neanche i soldi con me costava 9 euro della nivea.. ci sono rimasta davvero di merda, io non puzzavo sono una rappresentate avon ho tutto in casa mi lavavo sempre, io non so che puzza sentivano loro e se la sentivano. Ma se puzzavo non credo che il mio ragazzo venisse a letto con me.. o no? Tutti sono pronti a giudicare, si passava dalla poveraccia senza soldi a non si lava.. non si dicono queste cose neanche ad una ragazza in classe se economicamente non sta bene..SIete tutti delle MErde.
tutte quelle che mi prendevano in giro ora hanno genitori divorziati e un università che non fanno nemmeno i corsi. Io al posto loro ho una famiglia unita.
Lei invece c'è l' ha con me.. non credo sia invidia perché io non ho fatto l'università e per lei la cultura è la prima cosa. Ma se c'avessi avuto i soldi credo che mi sarei iscritta per studiare STORIA e insegnare un giorno. Era l'unica materia che avevo 8 al liceo e filosofia, e latino.. in queste materie avevo voti alti anche in Fisica nessuno aveva i miei voti avevo in fisica 7 in classe mia il massimo dei voti che metteva la professoressa era 5 e 6 , io non so ho studiato da sola e con 3 domande mi ha messo 7 si erano incazzate tutte. Andavo male nelle altre materie: le lingue..
Ma lei non so che tiene verso di me.. sembra un odio morboso .. poi a Natale fa tutta la buonista... penso che lei abbia bisogno di una psicologa non io.. io ho solo l'ansia ma me la mette lei per come si comporta con me.. Ogni sua risposta verso i miei confronti è dura e offende molto.. l'ultima volta l' ho risposta proprio male si è stata zitta per mesi.. si pensano che sono la timidona del liceo mi sa.. ma non sanno che io rispondo e anche male...mi sta prendendo in giro sulla mia vita.. ma la sua vita fa davvero schifo come sembra? HA tutto. Ha soldi, studia, l'estate ha il lavoro assicurato dove lavorava la mamma, ha un ragazzo che lavora ha una macchina una casa che vuole di più.? Io non tengo soldi non siamo messi bene, non ho un lavoro vero però a fine mese qualcosa esce, il mio ragazzo anche , non ho la macchina ..ma non capisco quest'odio e queste parole brutte verso di me.. Aiutatemi a capire..
Mar
23
Ago
2016
S.O.S-vi racconto la mia vita
Questo post è chilometrico, ma chiunque avesse la pazienza di leggerlo avrebbe tutta la mia gratitudine. Non sono mai riuscita a farmi capire da nessuno, e lo so che allora è un po' stupido riversare la propria sofferenza in internet...ma il sito dice "sfoghiamoci" e allora io lo faccio in grande, no?
Sono nata da una madre e un padre che all’epoca avevano rispettivamente 39 e 54 anni. Lei con la terza media, proveniente da una famiglia povera del Veneto e con alle spalle gravi abusi fisici e psicologici da parte di mio nonno materno su tutto il suo nucleo famigliare. Mio padre lombardo DOC, proveniente da un paesino bergamasco dell’anteguerra e orfano a pochi anni di mio nonno paterno; passato per la seconda guerra mondiale nei primi anni della sua infanzia dato che è nato nel 1938. Queste condizioni sfavorevoli di vita li hanno portati a essere persone problematiche: ansiosi, angoscianti, freddi, sfiduciati e degli incompetenti emotivi totali. Mio padre non ha mai fatto carezze, dato baci o scherzato su qualcosa, non ha mai fatto un regalo se non precedentemente concordato; mia madre faceva qualche carezza, ma era sempre cupa e vittimistica, e passava il tempo a lavorare o andare a messa e confessarsi, dato che era cattolica estremista.
Nonostante ciò hanno fatto subito un figlio quando si sono conosciuti (mia madre aveva 19 anni…), poi per vent’anni basta, niente più figli, finchè alla soglia della menopausa precoce di mia madre, in quello che mi hanno detto essere stato l’ULTIMO dei loro tristi rapporti sessuali, sono stata concepita per errore.
La prima accoglienza che ho ricevuto in questo mondo, la prima emozione che ho sentito, anziché la classica gioia di due persone che stanno per diventare genitori, sono state la paura terribile di mia madre e la proposta di mio padre di abortire. E il fatto che lei abbia voluto tenermi solo per fare un dispetto a mio padre e perché aveva paura di andare all’inferno se si fosse presa delle libertà col suo embrione… non è di grande consolazione.
Poi se ne sono fatti una ragione e si sono buttati nell’impresa di crescere un altro bambino cadutogli fra capo e collo, ma intanto il danno era già fatto. Da che sono venuta al mondo, già dalla prima settimana in ospedale, mi sono rifiutata di mangiare. Ero deboluccia e non avevo la minima voglia di crescere come gli altri bambini, non passava più di un mese senza che mi venisse qualche malattia. Al nido e all’asilo piangevo e vomitavo tutte le mattine. Vivevo in simbiosi con mia madre, che mi “amava” ma al tempo stesso mi avvelenava col suo attaccamento perverso, con la sua ansia, con le sue paure irrisolte. Ora so che soffriva di depressione clinica e con tutta probabilità anche di psicosi, ma nemmeno questo è granchè consolante. All’epoca non lo sapevo e per me lei era una figura d’attaccamento mostruosa, una fonte di affetto tossica, da cui però dipendevo. Tutte le sere prima di dormire mi raccontava le atrocità che faceva mio nonno alla famiglia, mi faceva guardare i film horror, riteneva normale che io alla richiesta di disegnare “la mia famiglia” producessi una schiera di crocifissi.
Mio padre, invece, era ed è sempre stato assente. A volte provava a giocare con me, ma forse non ne aveva granchè voglia o si sentiva stanco e impacciato, perciò non ci si impegnava molto. Lavorava tutto il giorno, e anche mia madre ha ripreso a lavorare tutto il giorno quando io avevo pochi mesi. Sui suoi diari c’è scritto che ero una bambina buona, socievole, che non cercava granchè le coccole ma intanto saltava in braccio agli sconosciuti. Io aggiungo che già allora dimostravo di essere sveglia e intelligente, che ero curiosa di tutto e mi piaceva scoprire il mondo. Non ero granchè bella ed ero sotto gli standard di crescita normali, infatti credo che lo sviluppo dell’intelligenza sia più che altro una reazione al fatto di non essere ammirati per altre qualità come l’altezza o l’aspetto fisico. Non so se sia così per tutti, ma per me lo è stato di sicuro.
Cercavo in ogni possibile modo di essere amata, di ricevere quell’amore pulito e incondizionato che i bambini dovrebbero avere, e che io non ho mai conosciuto. L’amore che ricevevo era sempre legato a qualcosa che facevo o non facevo, mi veniva detto di darmi una calmata, di smetterla di piangere e star male, di star seduta e buona, di “mettermi nei panni di mia madre” ecc. Mio fratello, ormai grande, è uscito di casa quando io avevo 4 anni, enfatizzando la depressione e l’isteria di mia madre e inasprendo il clima famigliare.
La casa che ricordo è un appartamento che nessuno puliva, pieno di giochi e libri e quindi di stimoli cognitivi (non posso dire che i miei genitori me li abbiano mai fatti mancare), ma pieno anche di inquietudini e odio e vuoto di stimoli emotivi. Mentre io ero una bambina estremamente sensibile, che avrebbe preferito di gran lunga usare il canale emotivo e corporeo più che quello logico.
Appena ho imparato a parlare sono stata tirata in ballo nei litigi di coppia; appena ho avuto la schiena abbastanza dritta per reggermi su un seggiolino della bici sono stata sbolognata tutto il giorno all’asilo nido e poi all’asilo, e quindi fino a sera da mia nonna. Mi sentivo abbandonata e tradita, ma all’epoca queste emozioni non avevano questi nomi. Venivano fuori sotto forma di sintomi psicosomatici e di un senso di dolore e oppressione terribili, che mi facevano scoppiare a piangere disperatamente non appena qualcuno mi spaventava o mi criticava. Perché, pensavo, se non si accorgono nemmeno di me, se non conto abbastanza da valere un po’ del loro tempo, allora sicuramente sono io che ho qualcosa che non va.
Già allora avevo problemi coi coetanei. Da una parte ero un esserino giocoso ed espansivo, coinvolgevo tutti in giochi di ogni tipo e, devo dire, molto fantasiosi; dall’altra ero estremamente insicura e mi appiccicavo tutto il giorno alla porta a vetri per vedere se arrivava la mamma. Questo era dovuto al mio non sentirmi abbastanza amata, ma soprattutto al bisogno patologico che mia madre aveva instaurato nei miei confronti: mancandole il primo figlio e odiando il marito, io ero diventata il suo unico appoggio affettivo. E così si aggrappava a me, in un’età in cui se tiri troppo forte si spezzano le braccine e le mani. Non sono mai riuscita a reggere tutta la sua ombra, ma al contempo avevo un disperato bisogno di guarirla, volevo che stesse bene e che sorridesse, e che mi volesse bene… e nell’ideale di onnipotenza che hanno tutti i bambini, probabilmente mi ero messa in testa che era colpa mia se lei non stava bene, che se mi fossi comportata meglio o adeguata a ciò che mi chiedeva, allora avrei potuto operare il miracolo. Ovviamente non è stato così. Ma quella bambina di pochi anni crede ancora di poterlo fare, di essere la causa delle malattie mentali di una madre che a sua volta è stata maltrattata e abusata dalla famiglia.
Inevitabilmente, insieme alla voglia di prendermi cura di lei, in un’età inappropriata in cui avrei avuto io per prima bisogno di cure, è germogliato un senso potente di risentimento e di rabbia nei confronti di questa famiglia incompetente che mi lasciava maltrattare dalle suore (forse il termine corretto è abusare, dato che suor Giuliana mi portava in una stanza vuota, mi tirava giù i pantaloni e mi sculacciava per vari minuti sulla pelle nuda; oppure mi metteva al centro della classe e ordinava agli altri bambini di umiliarmi finchè non avessi smesso di piangere), che mi lasciava soffrire senza offrirmi un appoggio sicuro e fingeva di non vedere il mio dolore -o forse non lo vedeva davvero-, che mi diceva che il mio malessere era una sciocchezza, che mi faceva dubitare di me stessa e di ciò che avvertivo dentro di me (ancora adesso ho un grande bisogno che le persone mi credano quando gli dico le cose, tanto che mi sento in dovere di spergiurargliele anche quando sono vere e quindi sembra che io stia raccontando cavolate…), che non offriva nessun tipo di contenitore e di esempio per la mia personalità in formazione.
Credo sia per questo che dentro di me c’è sempre stato un lato libero, indipendente e selvaggio; e insieme un altro molto instabile e impaurito, tipico di chi non ha avuto delle fondamenta stabili all’inizio della sua vita. La terza cosa che è nata in me in quel periodo, oltre al desiderio di guarire la mia famiglia e all’odio, è il senso di colpa per non essere riuscita nel mio intento. E’ da lì che nasce la mia idea di essere sbagliata. Non sono riuscita a compiacere la mia famiglia abbastanza da farmi desiderare e amare… abbastanza da farmi quantomeno accettare per quello che sono… e quindi ne ho concluso che se nella mia vita qualcosa va male l'imputato sono sempre io.
Dopo l’asilo è arrivata la scuola. A scuola stavo bene. Facevo amicizia abbastanza facilmente, ero più sicura che all’asilo, mi piaceva studiare e mi stavano simpatiche le maestre. Le elementari sono state effettivamente il periodo più tranquillo della mia infanzia. Avevo dei momenti in cui ancora piangevo a dirotto o manifestavo un’insolita timidezza, però nei miei ricordi sono molti di più i momenti belli di quelli negativi. Il mio disagio si era momentaneamente addormentato e veniva fuori solo nei disegni e nelle tematiche macabre dei miei giochi. Il resto erano compiti, attività in classe, intervalli in giardino. Ero molto creativa, molto brava in tutte le materie (tranne educazione fisica, cosa comprensibile dato che la mia famiglia non ha mai considerato il corpo o l’ha mortificato, e mi diceva sempre di star seduta e non essere “irruenta”, anche se magari stavo facendo una semplice corsa per casa o al parco come fanno tutti i bambini…). Non sono sicura che siano nati qui i primi problemi di invidia dei miei compagni verso di me, ma probabilmente dalla quinta elementare ho iniziato a rendermi conto che io ero più avanti degli altri e che se “esageravo” nel mostrare la mia intelligenza loro ci rimanevano male e mi escludevano.
Questa cosa è invece esplosa alle medie, soprattutto gli ultimi due anni. Le medie sono state in assoluto il periodo peggiore della mia vita. Nei primi mesi no, non ancora, perchè ci dovevamo tutti ambientare e a me piaceva l’idea di studiare materie un po’ più “difficili”, anche se in classe quasi sempre mi annoiavo dato che la mia testa correva avanti e (senza falsa modestia) molte cose le sapevo già. All’inizio infatti alzavo la mano continuamente per rispondere alle domande, facevo temi lunghi e dettagliati, sproloquiavo di materie scientifiche e, a parte la solita ora di educazione fisica dove i miei coetanei si prendevano tutte le loro rivincite, ero la migliore della scuola.
E’ stato allora che i miei compagni hanno iniziato a odiarmi. Prima gli davo solo fastidio, col passare del tempo l’intera classe (tranne le mie uniche due amiche) ha deciso che era ora di mettermi un freno. Così tutti hanno iniziato col parlarmi alle spalle, poi in faccia apertamente; a prendermi in giro per qualunque cosa mi mettessi addosso o mi piacesse (poteva essere un libro, un astuccio, una felpa, una musica… qualunque cosa). Non mi invitavano più alle feste, e se io gli portavo comunque un regalo di compleanno loro lo buttavano nel cestino davanti a me; mi scrivevano offese sul banco, mi nascondevano le cose o le buttavano via, una volta sono tornata dall’ora di educazione fisica e ho visto che qualcuno mi aveva vomitato nello zaino. I maschi più violenti mi minacciavano anche fisicamente, chiedendomi se volessi botte, facendo cricca all’ingresso della scuola e spaventandomi quando uscivo. Fra loro e fra mia madre che mi ripeteva continuamente di quanta gente ci fosse nascosta dietro i cespugli pronta a saltarmi addosso, il semplice tragitto casa-scuola per me si trasformava in un bagno di paura.
Il risultato è che io mi sono isolata sempre di più e, come difesa, ho idealizzato la mia intelligenza. Mi ritenevo un essere superiore, troppo particolare per scendere a patti con gente del genere e col loro mondo fatto di parolacce, fotografie di attori, sputi, bigiate e minacce. La mia prima adolescenza è costellata di ricordi solitari, di me che mi chiudevo in classe a leggere anche quando c’era l’intervallo, di me da sola nella mia stanza che facevo i compiti e mi intrattenevo con le mie fantasie, di me che scrivevo e vincevo premi letterari e partecipavo a show televisivi, ma intanto non avevo praticamente nessuno con cui parlare senza essere giudicata, senza la preoccupazione di dover essere “simpatica, easy, una ragazzina come gli altri”.
Quello è anche il periodo in cui ho ricevuto un sacco di critiche sul fatto che ero troppo seria, che dovevo muovermi a farmi degli amici e uscire per fare “cose da ragazzi” con loro, che dovevo vestirmi da adolescente e ascoltare musica da adolescenti e -per piacere!- non eccellere in ogni cosa, altrimenti tutti mi avrebbero odiato a morte!
E io invece, col carattere guerriero che ho, anche se dentro ero spezzata in due e mi sentivo triste come non so cosa, ho perseverato nel prendere tutti voti massimi, nell’ascoltare la musica che volevo e nel vestirmi come cavolo mi pareva. Era quel meraviglioso periodo in cui non accettavo di scendere a patti con le critiche. Non mi scivolavano addosso: le prendevo tutte in pancia come delle frecce e mi ferivano tantissimo, ma quantomeno non gli sottostavo. In quel periodo ho iniziato ad andare dalla psicologa, perché non sapevo dove sbattere la testa e mi sentivo un alieno totale rispetto al mondo che mi circondava.
A scuola era uno schifo, tornavo a casa e trovavo una situazione sempre più degenerata, con due persone ormai quasi estranee che si urlavano contro e mi coinvogevano nei loro meccanismi malati; con mio fratello distante e con un figlio da crescere, un fratello a cui non veniva detto mai niente su quello che stava succedendo in casa; senza un vero amico se non quelli che stavano dentro la mia testa e senza nessuno che mi desse un esempio o un modello da seguire.
La psicologa è stata una benedizione per me, e probabilmente grazie a lei ho imparato ad avere fiducia nella psicologia. Mi ha aiutato a finire le medie senza rimanerci secca, anche quando i miei compagni sono passati dalle parole ai fatti e, l’ultimo giorno di scuola, mi hanno lanciato un banco addosso. Anche quando per urlare il mio odio ai miei genitori e al mondo ho bevuto un flacone di detersivo e sono finita in ospedale. Quando finalmente è passato quel periodo, ho fatto un anno di liceo classico, buttandomi nello studio in un modo talmente maniacale che sono crollata appena finito un semestre. La situazione a casa era sempre peggio. Litigavamo tutti con tutti, tutti i giorni. Mia madre faceva gesti teatrali come inseguirmi con un martello o lanciare oggetti per terra, mio padre faceva la “roccia” e la ignorava, facendole venir voglia di strillargli dietro ancora di più per smuoverlo e fargli dire qualcosa (un comportamento che purtroppo capisco, dato che lo sto attuando pari pari a mia volta…).
Io mi chiudevo nella mia camera e scrivevo. Nell’estate tra le medie e il liceo ho scritto il mio primo romanzo, senza dire niente a nessuno. I miei genitori non hanno saputo niente, se non quando un editore l'ha pubblicato a proprie spese tre anni dopo… quando l’ho finito ho brindato da sola con me stessa, in cucina, nel buio della notte. E' stato il momento più felice della mia vita.
Mi ricordo tantissimo, ma proprio sulla pelle, quanto soffrivo in quel periodo a causa della mia età. Nessuno mi dava retta perché dicevano che ero troppo giovane, ero minorenne e quindi per lo Stato non esistevo e non potevo firmare da nessuna parte, quando scrivevo su internet mi scambiavano per un troll che si “spacciava per una ragazzina”. Mi sono sentita dire che le mie poesie erano troppo complicate e troppo tristi per una della mia età, che le femmine non devono scrivere cose così paurose o violente, che sembravo depressa o autistica, che mi dovevo vivere la mia vita e imparare a godermela. Tutto questo ovviamente detto da gente che non aveva la minima idea di quanto fosse vasta la gamma delle emozioni che provavo, di quanto fossi sensibile e di come godessi di cose che loro nemmeno capivano, come l’estasi della bellezza di una musica, trovare un buon libro in biblioteca, stare nella natura che mi è sempre piaciuta da morire, stare coi miei due amici a PARLARE di noi stessi e condividere le nostre giornate e il nostro affetto, anziché a ubriacarci e drogarci.
Mi piaceva viaggiare, mi piaceva vedere i quadri e i musei, adoravo leggere e giocavo ai videogiochi (di tutti i tipi, dai medievali e fantasy al simulatore d’aerei) come se non ci fosse stato un domani. A guardarmi da fuori adesso, a distanza di tempo, avrei detto a me stessa che ero una ragazza assolutamente normale, che magari si vestiva con tute larghe o maglie etniche anziché stivaletti e calzamaglie, che traeva nutrimento e vita da cose più “mature”, che era un po’ taciturna ma quando si trovava nell’ambiente che le piaceva allora si trasformava nella più solare delle persone.
Ma allora ero davvero convinta di essere diversa, e dannata. Non sapevo cosa fare per piacere di più agli altri, non sopportavo più di vivere in casa coi miei genitori, non sopportavo la mia vita. Ho iniziato un altro periodo di protesta verso la mia famiglia, con un comportamento anoressico che in realtà era un vero e proprio sciopero della fame, in cui mi sono ridotta a poco più di 30 kg e sono finita di nuovo in ospedale con la chiara intenzione di morirci.
Ma non è successo. In ospedale è scattato qualcosa e ho ripreso a mangiare. Sono andata a casa e ho espresso chiaramente ai miei che me ne volevo andare. Ho preso possesso dei soldi che mi aveva lasciato mia nonna e a 16 anni ho comprato una piccola casa, la MIA casa. Ho trovato lavoro in panificio, cosa che mi costringeva ad alzarmi all’alba e spararmi tre ore complessive di treno e pullman al giorno, ma ero felice. Vivevo come volevo io, mangiavo quello che mi piaceva (ero vegetariana da un paio d’anni e mia madre era sempre stata contraria a questa scelta), potevo usare i soldi che guadagnavo per tutto quello che mi serviva. I primi tempi ho avuto paura di non farcela, mi sono scontrata con le bollette da pagare e il fatto che io non potessi avere un conto in banca poiché minorenne; con la solitudine di una casa vuota, col fatto che ovviamente la gente non si risparmiava i commenti sul fatto che solo una disadattata o una sfigata va a vivere da sola a quell’età…
Dopo un anno e mezzo di quella vita, ho deciso che lavorare andava bene, ma forse era meglio anche finire le superiori e prendermi un diploma. Così ho messo in pausa il lavoro serio e ho fatto solo lavoretti saltuari, mentre recuperavo gli anni come privatista. E’ stato davvero, davvero difficile. Ero stanca morta, avevo pochi soldi, ma ce l’ho fatta comunque. Sono uscita con 97 su 100.
Il diploma mi aveva caricato molto. Ormai mi ero stabilizzata in casa mia, stando separata dai miei genitori riuscivo a parlarci di più, avevo deciso che avrei provato il test di medicina e che intanto per quell’estate avrei fatto una festa e viaggiato. La festa del diploma è stato l’ultimo momento di pace che ricordo. Eravamo tutti nel giardino a casa di mia madre, con fiori e candele, un sacco di cibo e persino un illusionista che avevo invitato per intrattenere gli ospiti. Ho delle foto di tutti noi con corone di foglie in testa e dei bellissimi sorrisi, sorrisi che non ho mai visto nella mia famiglia.
E poi la mazzata, perché quell’anno del cazzo era il 2011. L’anno in cui ho fallito il test di medicina per un punto e mezzo. L’anno in cui non sapendo cosa fare come università, anche perché quasi tutte erano col test di ingresso e ormai le date erano passate, ho deciso di trasferirmi vicino a Bologna per fare erboristeria e ho affittato la mia preziosa casa a un ragazzo che si è rivelato essere un delinquente. L’anno in cui la mia famiglia mi ha taciuto il tumore mortale di mia madre, per abbastanza tempo da farmi portare tutte le mie cose a centinaia di chilometri da Milano per poi farmi cadere dal pero in una serata di settembre, quando l’ho trovata in bagno che vomitava feci e siamo corsi immediatamente in ospedale, e allora sono stati costretti a dirmi cosa stava succedendo.
Immaginatevi me, in una casa in affitto in Emilia-Romagna, che inizio un’università nuova senza il minimo appoggio morale di nessuno, e intanto provo a cercare lavoro a Bologna, e nel mentre vengo a sapere che mia madre sta morendo e che il mio inquilino, che non mi paga e mi sta sfasciando la casa, va sfrattato con una procedura legale lunga e costosa.
Le uniche cose che mi hanno salvato in quel periodo sono state la scrittura e la spiritualità. Frequentavo un gruppo neopagano, una cosa che mi ha arricchito molto e che mi ha aiutato a pensare alla morte come una porta che da un’esistenza conduce a un’altra. Che mi ha aiutato a vedere un po’ di magia e di sacro in ogni angolo del mondo e in ogni stadio della vita umana, anche quelli più difficili.
Mia madre è morta quasi subito, il giorno di Natale del 2011. Sono stata io la prima a trovarla morta. Già da un bel po’ le somministravano morfina e quindi non si rendeva conto delle cose, ma ricordo che quella mattina aveva gli occhi perfettamente assennati, anche se immobili, e un’unica lacrima che le scendeva da una palpebra. Sono sicura che si sia resa conto di cosa stava capitando. Proprio il giorno dopo è morto anche il mio coniglietto, dopo dieci anni di onorata vita. Ho sempre detto che me li immagino insieme nell’aldilà, con lei che cerca il trifoglio per il suo piccolo amico. Finalmente libera. Finalmente sana. Finalmente se stessa.
Io ho retto il colpo abbastanza bene, anche se pure a distanza di anni continuo a piangere. Credo invece che mio fratello non si sia più ripreso. Nella mia famiglia le donne non sono mai state molto considerate e il loro “posto” è sempre stato la pelatura delle patate in cucina, ma sotto sotto tutti i maschilisti venerano la propria madre e, in sua mancanza, affibbiano le sue competenze (anche affettive) alla diretta erede. Cioè io. L’ultima donna rimasta fra i parenti stretti.
Questo è un ruolo che io ho rifiutato subito. Secondo i fratelli di mia madre, io avrei dovuto prendermi cura di loro come faceva lei, anche se ormai sono belli che adulti; secondo mio fratello, io avrei dovuto fare la badante di mio padre e prendermi cura di lui ora che lei non c’era più, nonostante loro due si fossero detestati apertamente e negli ultimi mesi prima che lei si ammalasse avessero (finalmente!) scelto di vivere separati anche se la religione cattolica vieta il divorzio.
Io ho detto a tutti che nessuna di queste “mansioni” mi passava nemmeno per la testa.
Sono tornata a Milano, sentendomi dire da mio fratello che ero una pazza che non finiva mai quello che portava a termine (eh sì, contorto il ragazzo… da una parte voleva che io mi prendessi cura di mio padre, ma dall’altra non gli stava bene che io tornassi a Milano. Bah). Ho trovato un lavoro che pagava bene e ho preso una casa in affitto in città, nel mentre che sfrattavo l’inquilino imbecille.
E intanto ho provato, per la seconda volta, il test di medicina. Però stavolta ho voluto andare sul sicuro e ho fatto anche quelli di professioni sanitarie e di psicologia, sperando che almeno in uno sarei entrata…medicina no. Inarrivabile. Ma sono entrata negli altri due, fisioterapia e psicologia. E ho scelto psicologia. Così sono passati i miei primi due anni di università, un anno con un po’ di lavoro, poi un periodo senza lavoro, poi un periodo massacrante di lavoro in un ristorante in cui ho perso un sacco di esami. La vita non andava bene, anche se avevo pubblicato il mio secondo romanzo, facevo teatro ed ero riuscita a riprendere possesso della mia casa. Non ero riuscita a farmi un solo amico all’università, odiavo Milano e abitavo comunque a più di un’ora di treno+pullman dalla città. Mi sentivo isolata e molto, molto sola.
E’ stato in quel periodo che ho conosciuto su internet un’amica torinese. Siamo entrate subito in sintonia, eravamo molto curiose di conoscerci e scambiare esperienze. Lei era una persona un po’ triste e anche lei con una famiglia del cavolo, ma abbiamo allacciato subito una di quelle amicizie intime, brucianti, praticamente da sorelle. Dunque mi sono trasferita a Torino a finire la triennale, sia perché avevo sentito parlare bene dell’università di psicologia e avevo l’intenzione di farci la magistrale, sia per stare vicino a lei. Ho fatto abbastanza fatica coi documenti per l’università, ho fatto una grande fatica a dirlo a mio padre e a mio fratello.
Entrambi erano assolutamente scettici sul fatto che io finissi l’università, mio fratello mi ha proprio detto in faccia che tanto sarei tornata a Milano dopo qualche mese con la coda fra le gambe, proprio com’era successo con Bologna. Ma non l’ho fatto. Ho affittato prima una mansarda in centro e poi una casa più grande, dove sto scrivendo in questo momento. Ho incontrato finalmente delle amiche serie che facevano psicologia come me, e con loro posso dire di aver vissuto veramente i momenti di apprensione, follia e giovinezza della vita universitaria. Penso che loro, in particolare una, siano state le uniche persone al mondo ad accettarmi veramente, con tutti i miei casini e il mio passato problematico, senza volermi aggiustare, cambiare o distruggere.
L’anno scorso mi sono messa a dare esami a raffica per recuperare il tempo perso e riuscire a laurearmi. Ho ottenuto il mio risultato, mi sono laureata in corso e con un voto più che dignitoso. Ma intanto mi sono lasciata indietro un sacco di momenti di vita, di rapporti umani non vissuti, di giorni sereni che ho riempito solo con ansia e stress.
Mio padre e mio fratello hanno reagito alla mia laurea con un “ah ok, brava…”. Niente regalo, niente festa. Ovviamente. Non so bene per cosa mi voglia punire mio fratello, so solo che da quando sono a Torino non è mai venuto a trovarmi e non mi parla più nemmeno al telefono. E i suoi figli non vogliono vedermi. Quelle rare volte che ci vediamo dicono che io sono la zia “pazza e strana”.
E mio padre…ho cercato con tutta me stessa di aggiustare le cose, parlarci, provarci, risvegliare UN MINIMO di calore in lui. Ma non serve a niente. Lo odio. Lo odio in un modo antico, potente, vulcanico che è molto difficile da controllare. Non riesco a starci insieme per più di un giorno senza avere il desiderio di spaccargli la faccia, di ucciderlo pur di rompere quel cazzo di guscio che si è costruito attorno e non lascia uscire né entrare niente, né il calore di un qualsiasi rapporto umano, né le parole, né le emozioni o la vita.
Sto andando nuovamente da uno psicologo da un anno, ma non sento molti miglioramenti e fra noi c’è tantissima distanza. Lo vedo come un rapporto professionale, ma empatico solo a tratti. E sono cambiata, tanto cambiata. L’amicizia con la mia amica torinese si è arrestata quando ho capito che mi faceva più male che bene, perché non era quello che era stato all’inizio: era una relazione a senso unico in cui lei stava sempre male e voleva che io mi prendessi cura di lei (un po’ come mia madre insomma).
Per il resto sono una creatura morta. Ho buttato via i mei vestiti etnici perché ero stufa di come mi guardava la gente quando li mettevo e perché mi ricordavano tutte le prese in giro delle medie, respiro aria orribile, dopo ben 10 anni di felice vegetarianesimo ho ripreso a mangiare la carne solo per fermare quel fiume di gente che ogni volta che mi sedevo a tavola mi faceva il processo sulle carote che soffrono, mi tempestava di domande che non erano curiosità ma frecciate, e augurava il cancro a me e ai miei poveri figli (quali figli poi non si sa, dato che non ne ho e non ne voglio…); che mi dava dell’idiota, della malata di testa, della persona mentalmente chiusa o della puritana.
Ho iniziato a bere e ubriacarmi per lo stesso motivo. Se prima bevevo una birra artigianale o un liquorino ogni tanto perché gradivo il gusto che avevano, l’anno scorso ho iniziato a mandar giù qualunque roba alcolica e ubriacarmi fradicia, girovagando per serate e locali che odiavo, solo perché così sono “come tutti gli altri ragazzi giovani”.
Ho dimenticato completamente la spiritualità, non scrivo più da un anno, non promuovo i miei libri e le mie capacità teatrali non sono state più coltivate. Sto diventando un’ombra, triste, aggressiva, piatta come il resto delle teste di minchia che popolano questa nazione. Non riesco a capacitarmi che qualcuno mi voglia bene e infatti do ingiustamente addosso anche alle poche persone che me lo dimostrano, facendo gaffe bestiali e buttando su di loro i miei sbalzi di umore.
Ho 24 anni e mi sento vecchia e stanca, non ne posso più di dover curare la casa, di dover cercare lavoro mentre studio, di dover fare l’adulta e poi passare subito in modalità ragazzina scialla se no ai miei coetanei non piaccio. Mi sento male perché sono l’unica della mia età a non pensare sempre a scopare, non ho un ragazzo o una ragazza, ho una sessualità tutta particolare e non ho ancora trovato nessun partner che la capisca o che veramente sia in grado di volermi bene e instaurare con me una relazione paritaria. Ho bisogno d'affetto come tutti gli altri, anche se sono indipendente e matura, ma i miei coetanei (diciamo pure anche quelli fino a 35) sono dei ragazzini mentalmente limitati, e se sono più in là con l'età mi vedono solo come una dolce "bambina" da fottersi- scusate il francese-.
E io, in sostanza, non so più chi cazzo sono.
Ho scritto questo bel papiro perché voglio urlare che le cose stanno così. CHE IO STO MALE, e non è una “boiata”, un “lamentarsi a vuoto”, è un dolore atroce che probabilmente neanche conoscete e io non permetto più a nessuno di sminuirlo dicendo che “boh, forse un giorno passerà, sei così giooovaneeee”. E’ tutta la vita che sto male e io non ne posso più. Non so cosa fare, veramente certe volte non vedo via d'uscita e vorrei soltanto addormentarmi dolcemente.
Se sei arrivata/o fino a qui, hai veramente una grande pazienza e probabilmente la curiosità o la voglia di ascoltare e capire. Magari dimmi cosa ne pensi di tutto ciò, che cosa faresti tu… anche solo una riga o due. Mi aiuterebbe davvero, davvero tantissimo in questo momento buio.
Grazie mille...
Ven
19
Ago
2016
vittima di bullismo
durante le scuole medie sono stata vittima di bullismo perchè ero timida, introversa e troppo sensibile...i bulli mi insultavano con parole pesanti e mi tiravano calci e pugni( ma non troppo forte da lasciarmi i segni...così io non avevo prove contro di loro). ogni volta che dicevo ai professori quello che mi avevano fatto, loro facevano finta di nulla...non gliene fregava niente. allora i miei genitori sono andati ad esporre la situazione ai professori...allora i prof hanno detto che avrebbero preso provvedimenti..ma alla fine hanno continuato a fare finta di niente...quindi mi sono dovuta sopportare i soprusi dei bulli per tre anni. Il problema è che ora che ho 20 anni mi sono accorta che questi "traumi" mi hanno causato insicurezza e bassa autostima...e tutto ciò mi sta creando problemi sia nella vita lavorativa che in quella privata. mi girano le palle se penso che per colpa di tre bulli di merda, ora io debba pagare conseguenze di questo tipo!! mi hanno creato dei danni psicologici!!! ne ho parlato con la psicologa e le uniche cose che ha saputo dirmi sono state "beh ma quel che è passato è passato..ora devi pensare al presente e futuro", "beh ma non puoi cambiare il passato", "devi dimenticare quello che ti hanno fatto.perchè ci pensi ancora?" cazzo, lo so che il passato va dimenticato, ma non è facile quando esso incide sul tuo presente e quando i ricordi sono troppo dolorosi.mi viene il nervoso a pensare che ora sono senza autostima e complessata per colpa di quegli stronzi!!!!
Mar
26
Apr
2016
Non sopporto più nessuno!
Oramai è la goccia che ha fatto traboccare il vaso,già da tempo. Ho cercato di ignorare ma adesso basta,non ce la faccio a tenermi tutto dentro. Io sono abbastanza piccolo per affermare "l'odio" verso qualcuno,ma io non ne posso più. Ho tutta la pazienza del mondo ma non ne ho infinita.
È tutto iniziato a scuola,la prof di letteratura ogni settimana o ogni 2 settimane cambia di posto gli studenti (non so perché,ci conosciamo tutti benissimo) e capito con una persona che già da anni non è che mi stesse simpaticissima eh,(nulla di che eh,solo un piccolo odio reciproco,piccolissimo? Però evidentemente lui mi odiava molto di più,tanto da """prendermi in giro""" su internet o con i suoi amici di strada siccome – a detta sua – è molto famoso in città) questa persona si diverte prendendomi in giro,a darmi calci e pugni,schiaffi,offese pesanti e chi più ne ha più ne metta,e se oso dirgli una parola lui mi prende per i fondelli con i suoi "amici" (dette pecore da me ed altri,visto che seguono l'unico pastore tedesco che è ""famoso"" in città) il problema è che,visto l'aver già avuto queste esperienze di bullismo sempre con questa persona,non ne posso parlare con nessuno. E non per una minaccia,no no,è perché chi viene preso di mira da questo tipo qui non può ribattere: mia madre e mio padre avrebbero due reazioni (o direbbero che faccio la vittima e che devo lasciar perdere,o si scatenano in un impeto di rabbia andando dal preside o dalla capoclasse.),se ne parlassi con i miei amici mi prenderebbero in giro (ma a questo ci arriviamo dopo),se ne parlassi con le mie prof direbbero che la colpa è solo la mia e che sono io il problema perché questo tipetto sa girare la frittata come gli pare e piace e i prof non se ne accorgono nemmeno!! In sostanza,non posso sfogarmi con nessuno. Diciamocelo in sincerità,io non so difendermi e tutte le volte che ci provo non ci riesco,è più forte di me. Io non riesco a ferire chi mi ferisce. Io sono un debole sensibile come pochi. D'altro canto,nemmeno i miei stupidi ""amici"" mi aiutano,tutti,dal primo all'ultimo. Sono gli "spettatori" non riescono a prender parte della situazione. Loro non fanno altro che peggiorare la situazione: sanno solo offendermi e prendermi in giro (certo,lievemente,ma di certo non è che sia una cosa piacevole essere offeso dai propri amici dopo che un bullo lo ha già fatto abbondantemente) oltre questo,il bulletto sta spargendo in tutta la classe che io sono "gay" anche se non è vero,quindi adesso tutti dicono che sono gay etc e mi da fastidio,ed anche i miei amici me lo ripetono in continuazione. A casa,mia madre mi stressa in continuazione e mette ansia per qualsiasi cosa. Tutte queste cose mi turbano e non riesco a studiare. La scuola non va ne bene ne male. Sta andando tutto a rotoli. In questi giorni provo solo un forte disgusto e vomito per tutto e tutti e grazie a queste persone ho capito come sono veramente e ciò mi fa male davvero. Ormai sto solo subendo senza dire nulla con la speranza che prima o poi la smettessero,in fondo lo dicono tutti: "se tu non gli dai corda prima o poi perdono il gusto di farti del male e tu starai bene" ma quando? Ma dove? Fino ad adesso sembro il solito scemo pappamolle,che in parte sono. Mi stanno facendo odiare da solo. Io voglio solo stare da solo chiuso in camera ad ascoltare la musica. Con questo concludo il mio sfogo.
Mar
01
Mar
2016
Soffro per mia sorella, e provo tanta rabbia!
Lei ha subito bullismo in modo pesante, anche percosse, e adesso è stata ritirata da scuola e studia da privatista. Due settimane fa sono tornata a casa dopo una permanenza all'estero durante il quale appunto si è verificato l'episodio più brutto, e lei è cambiata. Non in modo vistoso... in apparenza niente di quello che fa o dice è diverso dal solito. Ha ancora paura ad uscire da sola, ma credo che sia normale. Ma ho notato che quando parla spesso non completa le frasi (sì, stile Celentano...), e a volte ripete le cose, abitudini che non ha mai avuto neanche da bambina. All'infuori dei suoi pochi amici è intimorita dai ragazzi della sua età, e perfino dai bambini. Ha quasi sempre freddo, e ogni tanto cerca il suo gatto in modo quasi compulsivo. Sia io che i miei genitori siamo preoccupati, lei poi è molto più piccola di me e io mi sono sempre sentita come una seconda mamma... e ho paura che me l'abbiano fatta ammalare, quei bastardi... La cosa che mi ha fatta più spaventare è che tra i suoi capelli è spuntato qualche filo bianco... Adesso ha cominciato ad andare da una psicologa, e spero che le cose migliorino. Poi quest'estate come ogni anno andrà dai nostri nonni e parenti materni che vivono in Canada, e anzi è probabile che il soggiorno verrà prolungato, dato anche che lei adora Toronto e dice sempre che vorrebbeandare a vivere laggiù in futuro. Mi auguro che l'aiuti a recuperare la serenità... Dio, quanto li odio quelle quattro bestie, quanto vorrei che soffrissero!
Mer
16
Dic
2015
Ha 24 anni si può iniziare ad avere una vita per come si deve?
Ciao ha tutti sono un ragazzo si 24, anni con grossissime difficolta sociali. Già da 3 anni mi son trasferito in un piccolo paesino della regione emilia-romagna. Eh non so come mai ma qui ho moltissime difficolta ha socializzare. La causa del mio stare male credo vada ricercata dalla sfiga estrema che ho avuto sin da quando ero piccolo. Sono sempre stato trattato malissimo ha scuola, deriso, umiliato, è anche picchiato. Mi hanno tutti sempre dato del co-gli-o-ne, forse perché dal mio viso mi vedono come una persona chiusa dal carattere molto timido, è quindi credo sia questo il motivo di questa parola che ancora oggi nonostante siano passati da allora molti anni, in tanti mi dicono. Come se non bastasse mia madre (dato che nostro padre non e ha casa da quasi 15 anni), e sempre stata una Donna nei miei confronti molto cattiva, invece di aiutarmi ha socializzare durante la fase adolescenziale, non faceva altro che affossarmi con inutile critiche, e insulti pesante e indiscriminanti. Dandò cosi ragione ai bulli, il quale mi dicevano le stesse cose. Non ho ancora dato il primo bacio, eppure sono un bel ragazzo, ma la mia timidezza non mi permette di socializzare visto che ha casa vengo trattato malissimo da mia madre è mio fratello. Il quale non fanno altro che darmi del pa..-zzo del co-glione, e quindi mi violentano psicolgicamente. Ho perso già molti anni di divertimento, quando invece avrei potuto godermeli. Adesso credo che dopo i 25 ci sià ben poco da divertirsi, vista l'età non proprio super giovanissima. Il problema principate e mio fratello perchè lui negli ultimi 6 anni si e alleato ha favore di quella pa-zza bugiarda e falsa di mia madre dandogli ragione su ogni cosa, e venendo contro me. L'atteggiamento di mio fratello non lo mai capito, lui e un bullo ma non é giusto mi tratti cosi! andiamo sono suo fratello mika un suo amico. Invece di aiutarmi nelle cose che faccio di nascosto (tipo fumare conoscere gente che voglio io) lui invece sapete cosa fa? ,lo va ha raccontare ha mia madre, facendomi cosi la spia e affossandomi. Insomma mi sto perdendo molti anni inutili della mia Vita. Non bastava il bullismo di fuori che sono costretto ha subire, pure ha casa mi devono trattare cosi? Andare ha vivere da mio padre e peggio.
Sab
14
Nov
2015
"Bullismo"
È successo, che mentro ero a cena fuori con dei miei amici (1 ragazzo e 3 ragazze) , eravamo a mangiare la pizza ad un ristorante, al tavolo di fronte a noi si mettono due ragazzi, che conoscenvamo di vista e ci iniziano ad insultare pesantemente e a fare battutacce etc.. Noi siamo rimasti li al tavolo per un po, poi ho visto che al mio tavolo era scesa della rabbia e dell'imbarazzo, cosi ci siamo alzati tutti, sensa manco finire, e ce ne siamo andati.. Io avrei voluto rispondere male a quei ragazzi, avrei voluto offenderli e farli pentire di tutto cio che avevano detto, ma sono rimasta zitta, come tutti, perchè avevo vergogna e sinceramente nemmeno le palle, ma avrei voluto! Secondo voi ho fatto bene ad andarmene ignorandoli, o era megli dire 'ragazzi, scusate c'è qualche problema?' e da li sarebbe partita la discussione..
Mar
13
Ott
2015
Bullismo a distanza di oltre 15 anni
Ne ho subito, eccome! Perché erano tutti figli di papà, io invece di un operaio napoletano. Non avevo vestiti griffati e per molti aspetti ero ancora molto infantile. Ero poi molto buona, come tuttora... A distanza di oltre 15 anni mi vengono ancora ogni tanto in mente degli episodi. Ricordo soprattutto la sera che nel letto piangevo. Aspettavo solo quel momento. I miei non volevano farmi cambiare scuola nè classe ed io ho subito per 5 anni bullismo. Sono sopravvissuta al desiderio di uccidermi. Mi sono laureata e ho avuto una carriera anche se mi dicevano che ero un'incapace. Mi sono fatta amici, anche se ero sempre isolata. Ho scoperto di essere molto bella, anche se mi dicevano e mi avevano convinta di fare schifo. Ho scoperto che le cosiddette belle della classe sono invece delle cozze... Sono sposata e madre, ho tutto. Ho veramente tutto e sono sempre riuscita a fare tutto quello che mi prefiggevo.
Tuttavia a distanza di anni mi viene il magone al pensiero di quegli anni di tristezza angoscia e depressione. Mi domando come dei ragazzi così giovani potessero essere così crudeli. Io sono ancora la stessa persona, buona. Solo più matura. Loro? Non li ho mai più rivisti, solo per caso in giro e certo non ci salutiamo. Alle cene di classe non sono mai stata invitata... Ma se erano così cattivi da giovani, chissà ora!
Perchè tutta quella cattiveria? Non capisco... Su chi poi non avrebbe mai fatto male ad una mosca...
Gio
16
Lug
2015
Ho 14 anni e mi sfogo
Salve, mi chiamo Sara e mi sfogo ..ma non tagliandomi i polsi come va di moda su tumblr.. Anche se io prima lo facevo per il dolore che provavo. Fin da piccola avevo qualche problema a socializzare , ma alle medie il problema si è fatto più grave e le femmine(siamo solo 5!!!) hanno iniziato a prendermi in giro per il mio aspetto fisico: Niente ciclo, un po bruttina, sopracciglia folte(ma nemmeno molto) , niente seno, un po ciccia, peli ancora da fare, patatina non depilata .. E io me ne vergognavo... Nel secondo anno ho perso quasi 10 kg ormai consumata da tutte le cose che mi dicevano e piangevo sempre. Odiavo tutto e tutti e avevo deciso che non dovevo esistere più. Quelle due che mi hanno rovinato la vita (ne faccio anche il nome) sono Viola (la troietta di turno che era il capo nella classe) e Luz(peruviana, copiona, falsa amica e sottostava al capo e cioè la Viola. Hanno iniziato a picchiarmi, ma io di questa situazione non ne posso più. Difatti ho detto tutto a mia madre e mi fa cambiare scuola, ma in questo modo ho rotto i miei sogni di essere una brava studentessa in quella scuola di prestigio e di diventare violinista. A voi, si proprio voi che state leggendo questo sfogo, se aoffrite di qualche forma di bullismo .. DOVETE DIRE TUTTO AI VOSTRI GENITORI!!!