Tag: nonsonosocial
Dom
26
Nov
2017
Si stava meglio quando non si stava perennemente in contatto
Che rapporto avete con il fatto che la tecnologia ci rende reperibili praticamente in ogni momento? Io vivo questa cosa piuttosto male, soprattutto per quanto riguarda il lavoro: con il cellulare e whatsapp sono in contatto con le colleghe anche nei fine settimana, quando invece avrei bisogno di staccare anche da loro.
Perché non lo faccio? Perché se abbandonassi i vari gruppi, o spegnessi il telefono nei weekend, passerei per quella stronza (che in realtà sono) a cui non importa nulla della maggior parte degli altri.
Rimpiango i tempi in cui il problema non si poneva e tutti ci pensavano due volte prima di telefonarti; oggi chiunque messaggia a qualunque ora del giorno senza riguardo alcuno...
Correva l’anno 2015, era la fine di gennaio, quando il mio vecchio telefono cellulare decise di passare a miglior vita. Era un modello vecchissimo e molto basic, nemmeno faceva foto, solo telefonate e sms ma, per quel poco che l’usavo, era più che abbastanza.
Dovendo acquistare un nuovo telefono, mi vidi proporre uno smartphone a buon prezzo e accettai ma, se avessi saputo cosa avrebbe comportato quella scelta, avrei optato per un piccione viaggiatore.
Pochi giorni dopo, la mia collega Stratega, così soprannominata per la sollecitudine con cui capta ogni tipo di tresca, inciucio, incool8 di cui il nostro gruppo di lavoro sarà vittima sicura o solo potenziale, mi chiese: “Ma perché non installi whatsapp? E’ così bello, puoi scambiare foto e video…” E, maledetta me, le diedi retta.
Passarono alcune settimane, che mi erano ampiamente bastate per capire che non avrei mai condiviso il suo entusiasmo per wa, quando lei tornò alla carica: “Perché non chiedi all’Iperattiva d’inserirti nel gruppo whatsapp del lavoro? E’ importante esserci: molte comunicazioni passano da lì”. Decisi, in quelle poche frazioni di secondo che potevo concedermi prima di darle una risposta, che avrei seguito il mio istinto di sopravvivenza che nel frattempo urlava: “Prendi tempo, Inquieta, rimanda l’inevitabile il più possibile”. Perciò me ne uscii con un: “In questi giorni vedo che L’Iperattiva è molto presa, glielo chiederò quando avrà più tempo”.
Pensavo in questo modo di poter guadagnare almeno un paio di settimane per abituarmi all’idea, ma mi sbagliavo… Meno di due giorni dopo, mentre me ne stavo tranquilla a casa mia, mi arrivò, come un fulmine a ciel sereno, la notizia di essere stata aggiunta, seguita da una decina di messaggi di benvenuto nel gruppo da parte delle colleghe. Nonostante il sangue mi si fosse gelato nelle vene, risposi ringraziando.
Il giorno dopo, al lavoro, mi attendeva la Stratega, sì nel suo soprannome c’è una punta d’ironia, che con un sorriso trionfante mi comunicò: “Tu non ti decidevi a chiederglielo e così ci ho pensato io...”
Credo che se qualcuno è arrivato fin qui, ora si stia domandando: “Non la stai facendo un po’ troppo tragica per un semplice gruppo su whatsapp?” La risposta è NO, NO e NO! Se volete sapere ciò che ho passato in questo periodo, con questo gruppo e la successiva creazione di altri quattro, tutti inerenti al lavoro, leggete il resto:
per i primi due anni, che ci crediate o no, almeno l’80% delle colleghe sul primo gruppo (siamo più di trenta persone) ha compiuto gli anni nel fine settimana. Le poche che hanno festeggiato il compleanno in un giorno infrasettimanale, si sono premurate di celebrare nel weekend l’onomastico, l’anniversario di matrimonio o la sopraggiunta e agognata vedovanza… Insomma, quando cambia, il sabato e la domenica è un continuo, ininterrotto scambio di auguri e relativi ringraziamenti. Da qualche mese poi, L’Iperattiva ha dato il via alla simpatica abitudine d’inviare il messaggio di auguri allo scoccare della mezzanotte; inutile dire che l’usanza ha già trovato alcune estimatrici.
Non parliamo poi del periodo delle vacanze: foto in spiaggia, in montagna, immagini del barbecue di Ferragosto e dei viaggi intercontinentali. Tutte cose che mi inducono a chiedermi, come sempre senza trovare risposta: “Ma perché non capiscono che il bello delle vacanze sta anche nel non vedere e non sentire i colleghi?”
In tutto questo, quante sono le comunicazioni importanti relative al lavoro? Una su venti, volendo fare una stima per eccesso.
Non saprei quantificare, invece, i messaggi di buongiorno, buonanotte, buon fine settimana, le catene di sant’Antonio, che invitano alla preghiera, da parte delle colleghe più religiose, le barzellette sconce (queste, a onor del vero, molto rare), inviate dalle colleghe libertine, i messaggi di cordoglio, mandati dalle socialmente impegnate in occasione dei vari attentati, con tanto di perentorio invito finale: “Condividi, se hai un cuore”. No, porca puttana, proprio perché ho un cuore, non rompo le balle al prossimo con questi inutili messaggi: ma davvero credete che questa stronzata della condivisione possa avere qualche effetto sulla coscienza delle persone? E anche se ce l’avesse, non credo di avere fra i miei contatti dei potenziali terroristi da redimere.
In compenso, in questi quasi tre anni, ho risposto a tutte le richieste che arrivano dalle colleghe da: “Dove trovo questa e-mail?” a “Non riesco a stampare il documento che mi hai inviato” ( a questa persona, che non lavora nella mia sede e quindi non posso aiutare nella stampa, devo sempre inviare ogni documento due volte perché la prima non lo riceve mai, non so per quale oscuro motivo). Non sono mancati nemmeno gli: “Inquieta, non mi ricordo il mio orario di domani, non è che, per caso, tu sì?”
Rileggendomi mi dico da sola: “Ma se tu sei sempre disponibile con tutti, di che ti lamenti? E’ il tuo atteggiamento che deve cambiare” e mi rispondo anche: “Lo faccio perché, se dovessi averne bisogno io, vorrei ricevere altrettanta cortesia e disponibilità”
“Ma quindi” chiederete, giustamente, a questo punto voi “di che ti lamenti in concreto?”
In concreto, mi lamento del fatto che, quando una risposta servirebbe a me, posso attaccarmi: venerdì pomeriggio, a fine settimana già iniziato, ricevo un messaggio da parte di una persona con cui io e il mio gruppo di lavoro “ristretto”, altre sei persone, ci dovremmo incontrare la settimana prossima. Nel messaggio mi chiede di spostare l’incontro ad altra data, prima di darle una risposta, le dico che sentirò le altre colleghe e poi le farò sapere. Dopo circa quattro ore, avevo ricevuto una conferma solo da tre di loro, anche se il mio messaggio era stato letto da tutte. Scrivo perciò un altro messaggio, in cui dico di essere in attesa di una loro risposta per confermare l’appuntamento: il mio appello cade nel vuoto. Sabato, dopo quattordici ore di attesa e con il mio ultimo messaggio visualizzato da tutte, ma senza ulteriori cenni di vita, do la conferma per lo spostamento. Ora, io capisco che tutti abbiamo una vita fuori dal lavoro, ma un “Ok, per me va bene” o un “No, non posso” richiedono tutta questa immane fatica?
Sabato sera una delle tre che non mi ha risposto scrive un messaggio sul gruppo chiedendo lumi in merito ad una comunicazione che avrebbe potuto comprendere, se solo avesse letto più attentamente. Io decido che non le risponderò a prescindere e l’unico contributo inviato si rivelerà poi essere una faccina perplessa da parte dalla Stratega.
Il mio abbonamento telefonico si rinnovava oggi, ieri non ho effettuato la ricarica pur sapendo di non avere credito sufficiente: oggi mi sono goduta una domenica senza rotture, senza auguri, senza i dubbi amletici di chiunque.
Domani, forse, nel tardo pomeriggio tornerò raggiungibile: oggi “care colleghe” non ci sono per nessuno! EEEEEvvvvvaiiiiii!