Mer

18

Lug

2018

Bullismo per amore

Sfogo di Avatar di ScarsoFecciaScarsoFeccia | Categoria: Lussuria

Avevo già riportato questo racconto come commento sotto un mio sfogo, mi è venuta voglia di postarlo anche come sfogo a parte. L'autore, coincidente con il narratore, NON sono io, bensì un mio conoscente, con cui parlo di tutto. L'ha scritto perché è un pazzo lunatico come me e me l'ha inviato per email qualche mese fa. 

E' tutto reale al 100%, conosco tutti i personaggi coinvolti di persona e sono stato testimone parziale della faccenda. 

 

 

 

INIZIO RACCONTO...

Giovanni ed io siamo stati amici per tutti i quattro primi anni delle superiori, anzi, per meglio dire, lui mi è stato amico per tutto questo tempo. Era un ragazzino epilettico, con diversi problemi comportamentali, fra i quali una forte introversione ed una grande insicurezza. Non so bene quali altri problemi psichici lo assalissero, so solamente che ogni tanto gli toccava sottoporsi a delle visite mediche. Non era aggressivo, non aveva mai mostrato un comportamento violento verso il prossimo come fanno, ad esempio, alcuni soggetti autistici, eppure si capiva all’istante che in lui c’era qualche rotella fuori posto.

 

 

Vivevamo nello stesso sobborgo di provincia, un piccolo paesino di duemila abitanti o poco più. Giovanni era considerato un fenomeno da baraccone, veniva ripudiato da quasi tutti i suoi coetanei, che lo prendevano in giro e gli facevano i dispetti. Essendo io uno dei pochi ragazzi a non approfittare della sua ingenuità, Giovanni decise di fare affidamento su di me, legandosi morbosamente alla mia persona, come se io fossi la sua ancora di salvezza, un bagliore di luce divina che fendeva il suo mondo avvolto nell’oscurità più totale, una figura da cui prendere esempio per avere una vita sociale accettabile.

 

Lui mi vedeva come il suo migliore amico, stravedeva per me, tanto che iniziò ben presto a prendermi come esempio, ad imitarmi in tutto ciò che facevo, ripetendo tutte le mie frasi ad effetto, le mie battute e i miei modi i dire, e la cosa peggiore è che faceva tutto ciò in modo del tutto decontestualizzato, apparendo ai suoi interlocutori ancora più strano di quanto non lo fosse già. Era come se avessi un pappagallo sulla spalla, come quelli che si vedono nei film sui pirati.

 

Ci vedevamo praticamente ogni giorno. Io e lui prendevamo lo stesso autobus per andare a scuola la mattina, e a volte lo incontravo anche al ritorno quando uscivamo alla stessa ora. Andavamo in due istituti differenti, situati però nello stesso campus, perciò in ricreazione lui mi veniva a cercare, e tutto questo era a dir poco opprimente per me, non solo perché mi faceva fare brutte figure con gli amici e con le ragazze, ma soprattutto per il fatto che a fianco a lui apparivo come un infermiere che assisteva un disabile. Non aveva la minima capacità di elaborazione e di inventiva, perciò sia affidava completamente a me, faceva le stesse cose che facevo e le ripeteva fino allo sfinimento.

Giovanni, la mia macchinetta ripetitrice personale, rendeva la mie giornate noiose e monotone, se le passavo in sua compagnia. Mi spiego meglio. I comportamenti fuori dal comune del mio amico strambo, nella maggior parte dei casi, suscitavano imbarazzo e ribrezzo, ma poteva anche capitare che strappassero un sorriso dalla bocca di qualche stolto, e se ciò accadeva Giovanni sprizzava di gioia, convinto del fatto che la gente lo considerasse simpatico e non miseramente ridicolo. Una volta che una sua azione sconsiderata provocava la reazione da lui richiesta, ovvero le risate dei presenti, Giovanni tendeva a ripetere questa azione, o a dire quella determinata frase ininterrottamente, sperando di ottenere nuovamente le risate che il suo gesto aveva provocato la prima volta che lo ha messo in atto.

 

L’esempio maggiormente rappresentativo erano le bestemmie. Giovanni bestemmiava costantemente, pronunciava circa un centinaio di imprecazioni al giorno, era diventato per lui quasi un vizio. C’è chi si mangia le unghie, c’è chi fuma, e poi c’era Giovanni, che ad ogni occasione invocava il nome di Dio invano. In questo caso ero sollevato dal fatto che apparisse un ritardato agli occhi delle persone comuni, dato che questa percezione del suo essere giustificava in qualche modo suo comportamento, faceva in modo che venisse tollerato. Giovanni non si rendeva conto della gravità di ciò che diceva, né dell’impatto negativo che le bestemmie provocassero sulla sua immagine e sulla mia, che ero sempre presente quando lui imprecava nei mezzi pubblici o nei corridoi scolastici. Si sentiva in qualche modo protetto da me, così, quando mi trovavo vicino a lui, Giovanni si lasciava andare ai più svariati comportamenti del tutto privi di morale, senso civico e pudore. Mentre lui era giustificato per la sua disabilità, io venivo accusato di essere responsabile, come se fosse colpa mia che lui bestemmiasse, come se spettasse a me insegnargli a vivere nella società umana, in mezzo alla gente normale.

 

Ancora adesso non so bene perché non volli sfaldare la nostra amicizia appena mi accorsi che le cose non stessero andando nel migliore dei modi, probabilmente mi faceva comodo avere uno scagnozzo quando giravo per i corridoi, ma sinceramente non mi viene in mente altro che giustifichi il fatto di non aver troncato i rapporti con lui all’istante. Ora che ci penso, spesso lo usavo per fare dell’ironia, prendendolo un po’ in giro di fronte agli altri per strappare qualche sorriso e aumentare la mia popolarità. Lui mi vedeva come un caro amico sul quale riporre la sua fiducia, io lo vedevo più come una sorta di oggetto di scena che usano i comici per rendere più concreta la loro arte. Diciamo che nei momenti in cui Giovanni non bestemmiava e non faceva altre cose socialmente non approvate mi faceva davvero comodo averlo con me se non avevo altri appoggi sui quali fare i miei sketch comici. 

 

Le cose procedettero in tal modo fino a metà del quinto anno, periodo in cui feci conoscenza con una ragazza bellissima di nome Elena, una pacifista vegana con i capelli tinti, sempre schierata in prima fila nelle proteste per salvare gli alberi della foresta pluviale oppure una specie animale in estinzione. Lei, oltre ad avere due occhi azzurri come il cielo, una voce soave ed un sorriso a dir poco stupendo, era dolcissima, riservata, timida, ma al tempo stesso aveva delle idee originali, tutte sue, che la rendevano unica nel suo genere. Mi legai subito ad Elena, quando le stavo vicino provavo sulla mia pelle tutti quei sintomi riconducibili a quella malattia adolescenziale che gli psicologi e i registi dei film romantici chiamano comunemente “amore”. Le mie intenzioni erano quelle di chiedere ad Elena di metterci assieme, non volevo perdere una persona speciale come lei. Mi ero fatto sacco di stupidi progetti e filmini mentali che comunemente affollano le teste vuote di quelli stupidi liceali brufolosi con gli ormoni a mille.

 

Io ed Elena frequentavamo la stessa scuola, ci vedevamo spesso in ricreazione e le sue amiche ridacchiavano e facevano delle battutine quando io e lei passeggiavamo insieme. Tutto stava procedendo secondo i piani e questo mi rendeva molto felice. Le cose, però, presero una brutta piega quando agli incontri con Elena in ricreazione si aggiunse Giovanni, che iniziò a comportarsi come suo solito, rendendo la situazione imbarazzante e impedendomi di godermi quei momenti con la ragazza dei miei sogni. Lui rappresentava un ostacolo per la realizzazione dei miei progetti con Elena, andava eliminato al più presto se non volevo bruciare l’occasione di ottenere una fidanzata così bella per causa sua.

 

La goccia che fece traboccare il vaso fu questa: un giorno, a fine ricreazione, salutai Elena dandole un bacio sulla guancia, e lo stesso fece Giovanni in modo del tutto inappropriato, senza che gli fosse richiesto, senza che mai lo avesse fatto prima d’ora, e quando Elena si allontanò il mio amico se ne uscì dicendomi che voleva provarci con lei e che era giunto per lui il momento di perdere la verginità. Tamburi di guerra signore e signori, tamburi di guerra nel mio cuore accompagnarono il risveglio della parte del mio animo più malvagia, una parte che pochi hanno avuto l’onore, o la sfortuna, di incontrare, di fronteggiare, senza la quale questo racconto non esisterebbe.

 

Non ci vidi più dalla rabbia, in quel momento non ebbi la facoltà di ragionare sul fatto che Giovanni, non essendo un ragazzo normale, per nulla attraente, privo della ben che minima capacità relazionale, non avrebbe mai potuto intralciare i miei piani. Sarebbe bastato dirgli che Elena mi piaceva molto e che doveva farsi da parte, e lui avrebbe adempito alle mie richieste come un cagnolino ubbidiente quale era sempre stato. Rilevai questa situazione come estremamente grave dopo che la associai ad un altro evento avvenuto in autobus qualche mese prima: io stavo flirtando da un po’ di tempo con una ragazzina di nome Federica, e spesso capitava che in autobus la tenessi per mano, e siccome anche Giovanni era in autobus con me, anche lui le prendeva la mano senza il suo consenso, e Federica, pur non ribellandosi al suo comportamento, notando la sua instabilità mentale, ed essendo una ragazza educata, mi disse che trovava la situazione del tutto assurda e che il mio mostro da passeggio mi metteva in cattiva luce.

 

Ciò che mi ha sempre contraddistinto in queste situazioni in cui il mio animo è pervaso da un forte senso di rabbia malvagio è la mia estrema razionalità e progettualità. La notte stessa in cui Giovanni mi disse che voleva provarci con Elena non dormii, passai tutte le ore che avrei dovuto investire per il sonno a elaborare passo per passo un piano per allontanare Giovanni dalla mia amata, e ci riuscii facilmente, con mio grande stupore, come se fosse qualcosa che era insito nella mia testa e che aspettava solo di essere messo nero su bianco. L’indomani passai all’azione. Il mio complice fu Camilla, una mia amica che sapeva bene chi fosse Giovanni e quale ostacolo rappresentasse per me. Lei accettò senza problemi, dopo essersi assicurata che io mi sarei preso tutta la responsabilità e che non avrei fatto il suo nome, nel caso le cose non fossero andate come da me progettate. Forse Camilla accettò a collaborare alla realizzazione del mio piano malefico perché non aveva capito a pieno quale impatto distruttivo avrebbe causato sulla psiche di Giovanni.

 

Il primo passo fu quello di far conoscere Giovanni a Camilla, la quale si mostrò molto amichevole nei suoi confronti. Combinai il loro incontro dando appuntamento alla mia complice alla fermata del bus, dove arrivai scortato da Giovanni. Camilla chiese il numero telefonico alla povera vittima ignara di ciò che stava succedendo, la quale non esitò a dettarglielo. Il pomeriggio successivo all’incontro dei due feci delle registrazioni in cui mi lamentavo con Camilla del fatto che Giovanni stesse troppo appiccicato ad Elena, ma non mi limitai a questo, bensì riempii queste note vocali con numerosi insulti e minacce nei confronti del mio amico, dicendo ad esempio che gli avrei spaccato la faccia se si fosse permesso un’altra volta a parlare con la ragazza che mi piaceva. Ne feci tre di questi audio, uno peggio dell’altro, dopo di che li inviai a Camilla.

 

La mia complice, a sua volta, aveva il compito di inviare questi audio a Giovanni, come da me indicato, in maniera contestualizzata. Così Camilla, seguendo passo per passo le mie indicazioni, lo contattò quel pomeriggio, mostrandosi estremamente preoccupata per lui, dicendogli che voleva condividere le note vocali da me inviate a lei perché al loro interno erano contenute numerose minacce, aggiungendo anche che non mi aveva mai sentito così furioso. Il mio obbiettivo era quello di terrorizzare Giovanni a tal punto da fare in modo che non si intromettesse più fra me ed Elena.

 

Il mio piano era andato come sperato, era filato tutto liscio, adesso non restava altro che aspettare le reazioni. Nei giorni seguenti a quello in cui si attuò il mio piano malefico le cose procedettero normali, io e Giovanni continuammo ad incontrarci in fermata del bus, anche se il suo entusiasmo era molto meno rispetto agli altri giorni. In ricreazione si fece vivo molto più raramente e non bestemmiava più. Fui entusiasta che le cose stessero andando come previsto.

 

Io sapevo che lui sapeva, lui non sapeva che io sapevo e che tutto ciò era stato progettato da me, eppure lui non mosse un dito, non fece un fiato, continuò a frequentarmi, seppur con meno grinta rispetto al solito. Suppongo che questo suo attaccamento nei miei confronti fosse legato al fatto che, oltre a me, Giovanni non avesse nessun altro amico, e che pur di restarmi vicino fosse disposto ad incassare questi duri colpi e ad adattarsi alla situazione, in modo autodistruttivo e masochista. Si potrebbe fare riferimento alla sindrome di Stoccolma, all’amore verso il proprio persecutore, ma non ne sono certo. E’ più probabile che certe persone sono talmente legate ad altre che, nel momento in cui queste ultime non coincidono le aspettative, le prime tendono ad evadere dalla realtà, a mentire a loro stessi e ad illudersi che le cose non siano diverse da come se le sono immaginate, che il male non è insito nell’esistenza umana, che tutti i sogni possono essere realizzati, che tutti hanno pari opportunità e che per tutti c’è un lieto fine.

 

Un sabato sera non molto distante dal giorno in cui Camilla inviò le mie note vocali al diretto interessato, io, Camilla ed Elena (n.d.s./Nota Di ScarsoFeccia; anche io ero presente ma al momento ignoravo completamente la situazione, notavo solo che Giovanni stava il più lontano possibile da lui) venimmo invitati ad una festicciola in un locale, in cui si esibiva un band composta da studenti della mia scuola. In quell’occasione ebbi un ulteriore conferma che tutto fosse andato come avevo sperato, visto che Giovanni non si azzardò nemmeno una volta a rivolgere il suo sorriso ad Elena, a malapena la salutò. Passarono una decina di giorni senza che nulla di strano accadesse, ero più che certo che il mio fosse stato un colpo perfetto, senza alcuna ripercussione negativa nei miei confronti, ma avevo cantato vittoria troppo presto.

 

Il giorno in cui arrivarono le conseguenze delle mie azioni meschine io stavo preparando la valigia. Il giorno successivo sarei partito per la Francia, con i miei compagni di scuola. Quel pomeriggio ricevetti una serie di messaggi carichi di insulti e minacce dal padre di Giovanni che aveva scoperto tutto. Da quello che riuscii a capire da quei messaggi rabbiosi e stracolmi di errori grammaticali quanto di offese, i genitori di Giovanni avevano visto il figlio traumatizzato, e che in quel periodo stava avendo attacchi di panico molto frequentemente. Dopo averlo inquisito a lungo, Giovanni cedette e confessò tutto, fece ascoltare i miei audio ai suoi genitori, che per prima cosa pensarono di venire a casa mia per chiarire la questione, ma a quanto pare Giovanni, essendo ancora profondamente legato a me, gli scongiurò affinché loro non venissero a farmi visita.

 

A quel punto raccontai tutto al padre, gli dissi del perché avessi fatto ciò che ho fatto a suo figlio e come avessi attuato il tutto. Raccontai di Elena, di Camilla e così via. Mentre scrivevo mi sentivo fiero di aver elaborato e portato a termine un colpo così dannatamente perfetto e che nessuno mi avesse fermato in tempo non accorgendosi di nulla. Il padre, non aveva le capacità di ragionamento necessarie in grado da capire tutte le dinamiche che avevano portato a quella situazione, perciò mi chiese il motivo delle mie azioni, io risposi in modo accurato, ma lui non capì nulla, voleva solo giustizia per il suo figlio povero mentecatto destinato a rimanere solo a vita, la quale non arrivò mai. Dopo qualche altra minaccia buttata là, come ad esempio il fatto che gli audio li avrebbe tenuti per sé, mi intimò di non avvicinarsi più a suo figlio, e mi disse che suo figlio si fidava ciecamente di me, mi considerava una brava persona e io l’ho tradito, l’ho deluso, dopo di che non mi scrisse più nulla.

 

Partii per Parigi, mi dimenticai totalmente di questa storia, sia perché non ricevetti nessun altro messaggio minatorio, sia perché il senso di colpa non sfiorò nemmeno per un instante il mio animo. Al mio ritorno le cose procedettero come tutti i giorni, come se nulla fosse, a differenza che Giovanni non si è più avvicinato a me e non mi ha più guardato negli occhi. Inutile dire che tutto ciò mi rese molto felice, le cose andarono meglio, non venni più additato come l’infermiere dell’handicappato con la sindrome di Tourette e trascorsi con Elena delle ricreazioni più tranquille. I genitori di Giovanni, ancora oggi, si limitano a guardarmi con disprezzo se mi incrociano per strada. Fino ad oggi non ho subito conseguenze, né me ne sono pentito, anzi, sono addirittura grato verso la mia parte malvagia di aver progettato tutto questo, perché se tutto ciò non fosse mai accaduto io non avrei mai scritto questo racconto. Racconto questa storia ai miei amici, e loro ridono, mi ammirano e sostengono le mie gesta, dicendomi che ho fatto bene. Questo racconto è la prova che Dio, il Karma ed altre scemenze simili sono solo delle trovate originali mirate ad illudere le persone, convincendole che esiste un ordine supremo che premia i meritevoli e fa il contrario verso coloro che vanno contro i canoni morali.

 

 

Che ne pensate? 

11 commenti

Che sei malato. Ecco cosa penso.

Avatar di CriseideCriseide alle 09:16 del 19-07-2018

Quello che mi chiedo è perché tu abbia voluto riproporre questa storia. Già allora mi pare che venne commentata e non passò inosservata. Perciò perché rimetterla in tavola? D'estate io amo roba fresca, non riscaldata.

Avatar di SoldatojokerSoldatojoker alle 09:50 del 19-07-2018
Che ne pensate?

roba da kiodi. si ride x non piangere.

Avatar di OldJoeOldJoe alle 09:56 del 19-07-2018

Racconto questa storia ai miei amici, e loro ridono, mi ammirano e sostengono le mie gesta, dicendomi che ho fatto bene.

gli amici del solito reparto dell'ospedale, suppongo. neuropsichiatria et similia.

 

Questo racconto è la prova che Dio, il Karma ed altre scemenze simili sono solo delle trovate originali mirate ad illudere le persone, convincendole che esiste un ordine supremo che premia i meritevoli e fa il contrario verso coloro che vanno contro i canoni morali.

Quest'ultime righe, che suppongo siano nelle intenzioni dell'autore la pennellata magica con la quale rifinire il già perfetto, sono il peggio del peggio, veramente orribili e blasfeme, e non mi riferisco a dio o alla religione della domenica, ma a qualcosa che proprio in kulo v'entra e in testa no. non ho parole. mi soccorre Abantuono che in qualche modo ci si avvicina (vecchio film). sono 

la sintesi d'una disgrazia

l'apoteosi de la schifezza

malidetto chi v'ha insegnato a scrive'. 

Avatar di OldJoeOldJoe alle 10:11 del 19-07-2018

Criseide, non sono io il protagonista dell'intera storia, l'ho scritto nella prefazione.

 

Old Joe, gli amici a cui si riferisce sono gli altri ragazzi della mia scuola.

 

SoldatoJoker, mi è venuto il ghiribizzo, volevo vedere cosa ne pensavano le persone sul piano morale. 

Avatar di ScarsoFecciaScarsoFeccia alle 12:53 del 19-07-2018


"gli amici del solito reparto dell'ospedale, suppongo. neuropsichiatria et similia." Io vedo che quando poi le persone sono all'interno di queste situazioni, non si fanno scrupoli a ridere del prossimo, anche se poi da fuori tendono a condannarle.Ricordò che ha raccontato questa storia ad una festa e hanno riso tutti.  In che senso sono malato Criseide? 

Avatar di ScarsoFecciaScarsoFeccia alle 12:59 del 19-07-2018

@SoldatoJoker

In realtà, ci sono varie ragioni. Negli utimi giorni mi è tornato in mente, perché, non so se ricordi, ma ti avevo detto che il nostro autore aveva scritto altri 6 racconti simili, e proprio venerdì scorso me ne ha inviato un altro per email, in cui narra di come ha compartecipato all'emarginazione di un ragazzo indiano per il puro gusto di farlo.

Poi l'altro giorno ho letto lo sfogo di quella ragazza che aveva postato un racconto della sua amica, quindi ho avuto l'idea di ripostare questo, anche perché adesso c'è più gente che circola rispetto a qualche mese fa, magari interessa a qualcuno. 

Avatar di ScarsoFecciaScarsoFeccia alle 13:48 del 19-07-2018
@ScarsoFeccia

Sarà che il bullismo l'ho vissuto per diversi anni (prima di postare a sangue il mio aggressore, evento che io chiamo "la svegliata" riferito al darsi una sveglia nella vita oppure farsi schiacciare da tutti) ed ho scelto di non riprodurlo sul prossimo, sarà che ho avuto a che fare con parecchi ragazzini con handicap mentali, ma onestamente non capisco come si possa ridere di una cosa del genere.

Mi spiego meglio: scherzi e insulti ce ne siamo sempre fatti tra noi, handicappati compresi (se li escludi o piangi per loro stai creando una vittima secondo me, e di sicuro li fai sentire diversi), ma arrivare a minacciarli mai. Come ha giustamente detto il narratore, sarebbe bastato chiederglielo e quel ragazzo avrebbe fatto qualsiasi cosa. 

Avatar di RAWRAW alle 12:48 del 22-07-2018

@RAW

Io ci sono diventato amico del mio bullo dopo avergli tirato uno schiaffone in seconda superiore. Tra parentesi era 20 cm più basso di me e assai grasso, il bullismo era tutto psicologico. Un giorno mi colpì al mento con un ombrello facendomi sanguinare e sentii il bisogno di fargli male. Abbiamo cenato insieme con un altro amico giusto la settimana scorsa.

Io stesso vorrei tanto che mi capitasse una "svegliata", un evento che mi scateni l'istinto e mi liberi da tutte le inibizioni sessuali e non che mi attanagliano.

La gente ride perché essendo lui un tipo eloquente e carismatico, è in grado di presentare il tutto in modo esilarante.

Avatar di ScarsoFecciaScarsoFeccia alle 14:36 del 22-07-2018
@ScarsoFeccia

Beh anche diventarci amici è un bene, sempre che poi non si bullismo altra gente come hobby in comune diciamo.

In ogni caso se aspetti che la svegliata arrivi da sola difficilmente accadrà. Fa parte del potere della tua forza di volontà, quindi se la vuoi, attuale tu stesso.

Io ho cominciato da piccole cose come:

guardare quelli che mi passano accanto e se mi guardano fissarli negli occhi senza abbassare lo sguardo (so che suona psicopatico ma non lo è, gli occhi sono fatti per osservare il mondo che ci circonda, e guardare gli altri individui non ha niente di male contrariamente a quanto qualcuno possa pensare). 

Smettere di aspettare o perdere tempo ma fare il primo passo con le ragazze, così da capire fin da subito se ci fosse una reale possibilità di rapporto (e non parlo solo di sesso ma in generale di tutto, amicizia, conversazione ecc)

Iniziare ad amarmi di più. Cercare di cambiare e migliorare ciò che non mi piace di me. Se ti piaci, piaci agli altri 

Avatar di RAWRAW alle 14:52 del 23-07-2018

Ho iniziato a guardare le persone negli occhi proprio dall'anno scorso e ora riesco a farlo senza problemi. Cerco di scambiare quache parola con le sconosciute.

Avatar di ScarsoFecciaScarsoFeccia alle 15:09 del 23-07-2018

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