Dom
10
Feb
2019
In apnea
Ti voglio bene, te l'ho detto appena l'altra sera, da che mi ricordo mi sono sempre presa cura di te. I ricoveri, le terapie, i mesi interminabili pieni di angoscia, a pensare cosa ne sarebbe stato di noi. Ti saresti ripresa, saresti uscita dai deliri, le allucinazioni che ti perseguitano, sarebbero scomparse? Mi avresti finalmente riconosciuta? Ti saresti ricordata chi sei? In quei momenti diventi un estranea, il tuo viso si trasforma e anche il tuo corpo subisce una metamorfosi, come se fossi posseduta da un'entità aliena. Parli in modo sconnesso, veloce, gli occhi si dilatano e la mente si riempie di mostri. In quei momenti io ti odio, vorrei con tutta me stessa che non fossi mai nata. Il solo vederti così mi riempie di autentico terrore, paura, per quello che potresti ancora fare e allora mi metto a fantasticare di come sarebbe stata a mia vita, di come sarebbe stato tutto più facile; di come adesso che il mio lavoro mi consuma, avrei potuto accettare il trasferimento a Milano, ricominciando da me, a respirare di nuovo. Perché io vivo in apnea, alla costante ricerca di una boccata d'aria, di una via d'uscita. Ma poi mi sveglio e tu sei sempre li. Passano i giorni, i mesi, gli anni e tu sei sempre li… e come una febbre, il delirio si placa, i farmaci riprendono a scorrere nel tuo sangue e nel tuo cervello e sei di nuovo tu. Le voci nella tua testa si zittiscono e tuoi occhi spaventati, si riempiono di dolore. Di solito non ricordi molto, la ricaduta è come una discesa all'inferno, capace di renderti imprevedibile, pericolosa, di farti perdere, e la risalita negli anni si è dimostrata sempre più difficile, ma sei di nuovo tu. Dolce e gentile, piccola e indifesa e il tuo sorriso mi fa male. Allora l'odio sparisce e nasce di nuovo il desiderio prepotente di proteggerti. So che non posso salvarti, il male che ti affligge è come un cancro, ma il tuo non uccide fa qualcosa di molto peggio, ti fa dimenticare chi sei e consuma chi ti vuole bene. Sapessi come sono stanca, sento esplodere le bombe intornoa a me e il mio cuore si chiede se prima o poi colpiranno. Ma tu mi guardi e mi sorridi e siamo di nuovo sorelle, e io non posso lasciarti andare.
21 commenti
Cazzolina Revy come sei vera. Sei tremendamente reale. Non so cosa dirti, mi è facile scrivere alle stronzate, ma quando si tratta di entrare nel dolore altrui, cosa si può dire?
Un abbraccio, e citando una struggente canzone di Tenco dedicata alla madre, "vedrai, vedrai, vedrai che cambierà; forse non sarà domani, ma vedrai che cambierà".
Schizofrenia paranoide.
Grazie Soldatojoker, tranquillo non c'è niente da dire. Mi piace la dedica π
Ciao cucciolotta,un abbraccio,qui non sei solaπ
Coraggio Revva, tin boota (tieni botta). La vita spesso ci mette alla prova (chi piu' chi meno, ma tutti abbiamo le nostre beghe da gestire). Menomale che si sta facendo curare, la medicina e la farmacologia fanno sempre piu' passi da gigante, dai che ci salterete fuori!!
Grazie Lettera, grazie ano 11.29, lo sprezzo davvero. Anch'io ho i miei demoni ma non mollo π
Sfogo che costringe a fermarsi e pensare. Spesso diamo troppo per scontato lamentandoci del brodo grasso, quando dovremmo semplicemente essere grati.
Un abbraccio Revy, ed un augurio che il tempo possa stabilizzare le cose portando un equilibrio sostenibile.
Revy secondo me sei una persona bellissima,plasmata dalla sofferenza,ma bellissima.Ariciao
Non li vorrei mai leggere sfoghi così... Hanno tutti lo stesso "odore"... Odore di paura... Un abbraccio piccolé..
Revy, quello che fai per tua sorella è bellissimo, ma forse dovresti pensare un po' di più a te.
Non ti sarebbe possibile accettare il trasferimento a Milano e rientrare nella tua città il fine settimana?
So cosa significa convivere con persone che soffrono di una malattia mentale e ciò che consigliano gli esperti è cercare di condurre comunque la propria vita in modo indipendente, per quanto possibile.
Ciao anonimo delle 13:28, capisco cosa vuoi dire e non sai quanto questa cosa mi faccia soffrire. C'è sicuramente alla base un fattore di codipendenza, su cui sto lavorando. Da parte mia questo fortissimo senso di colpa, di responsabilità ne suoi confronti. Ogni qual volta mi allontano lei peggiora. Sarà che le strutture di sostegno non sono adeguate, che sono sola e spesso mi sento persa. Comunque questo non significa che mi sento sconfitta, o che ho intenzione di arrendermi βπ
Ciao Revy, mi dispiace moltissimo che tua sorella ha avuto una ricaduta e che questo ti ha purtroppo ricordato per l'ennesima volta quanto è logorante dover gestire una situazione così complessa e delicata da sola. Per molti anni ho vissuto una situazione simile alla tua ed è per questo motivo che mi permetto di condividerne una parte con te, sperando ti possa essere in qualche modo utile. Tecnicamente tra i nostri familiari affetti da schizofrenia e i medici che intervengono, c'è un grande nulla. Le lotte quotidiane sono completamente a carico nostro. A volte questo ci priva della dimensione in cui vorremmo disperatamente essere solo sorelle, proprio perché in mancanza d'altro ci tocca essere infermiere, psicologhe, incantatrici di mostri e di serpenti, addette al pronto soccorso ed infine anche monache zen, per riuscire a ritrovare quella dimensione di calma e lucidità, che serve per riprendere le forze e ricominciare tutto da capo. Secondo me, per lo stesso motivo, abbiamo diritto e forse anche il dovere di non accontentarci della dinamica che viene solitamente proposta dal sistema sanitario. Quando toccai per l'ennesima volta il fondo e mi ritrovai sfinita dopo una brutta ricaduta di mio fratello, decisi una volta per tutte, che la miglior difesa contro quella malattia che lo trasformava da persona dolce e fragile in un alieno che metteva in pericola la sua e la mia vita, fosse l'attacco. Mi sentivo sola, impotente, rassegnata, colpevole per la mia insofferenza e talmente senza forze da non volerne sprecare altre per maledire i parenti, coresponsabili della sua condizione. Era giunto il momento di prendere una decisione. Mi ero resa conto di quanto ne fossi logorata e che messa così non avrei potuto andare avanti ancora per molto. Decisi di guardare oltre, di rifiutarmi di credere ancora che l'unica via fosse barcamenarci tra farmaci ed interventi inconsistenti offerti dal servizio pubblico, sperando che non andasse peggio e sopravvivendo nel fra tempo. Sfruttai le mie conoscenze in ambito scientifico, scrissi ad enne esperti all'estero, bussai a innumerevoli porte di medici, di associazioni e anche di persone che si trovavano nella stessa situazione di mio fratello. Trovai ignoranza, comprensione, storie di solitudine ed infine anche mani tese pronte ad aiutarmi e consigli che mi erano serviti per imbastire una strategia diversa per il futuro. Ricordo ancora i dubbi e la domanda costante che mi perseguitava..Sto facendo la cosa giusta? Però ad ogni passo mi guidava anche la consapevolezza del fatto che se mi toccava affrontare da sola i mostri della malattia di mio fratello, era giusto armarmi fino ai denti con tutta la conoscenza e tutte le tecniche per affrontarli al meglio. Mi rifiutai di essere ancora zittita dai 'professionisti' che si nascondevano dietro allo spauracchio dei ricoveri coatti che secondo loro rischiava, in caso non mi fossi per l'ennesima volta limitata a fargli seguire la 'terapia' che consisteva in massicce dosi di farmaci e in simboliche sedute di psicoterapia. Mi aiutò moltissimo ricordare chi fosse mio fratello prima dei ricoveri. Un ragazzo dolcissimo di cui l'unica 'colpa' era sentire e vedere cose che gli altri non vedevano, che si perdeva solo se veniva braccato da ignoranti spaventati dalla sua diversità. Quando eravamo bambini, nostra madre gli aveva insegnato a convivere con le voci. Quando è morta ero troppo piccola per riuscire a proteggerlo al posto suo. Per un po' ci avevano separati e quando lo ritrovai dovetti fare i conti con la disperazione di un uomo spezzato, legato a me dal sangue e dall'amore fraterno. I suoi problemi non erano più quelli di un ragazzo che un tempo veniva deriso dai compagni di classe e rispedito da scuola a casa perché 'ingestibile'. I trattamenti disumani ricevuti durante i ricoveri l'hanno segnato a vita. Comunque riuscì a dirmi che reprimere ciò che sentiva e vedeva era come spingere un pallone sotto la superficie dell'acqua, più ci provava e più aumentava la forza con la quale gli rimbalzava addosso. Trovammo persone che sapevano esattamente di cosa stava parlando. Imparò a comunicare con le voci. Ce la misi tutta ad aiutarlo a ritrovare una dimensione serena e stabile e feci in modo che avesse attorno persone pronte ad aiutarlo. Per un po' andò fin troppo bene. Riuscì a risollevarsi , iniziò a fare un lavoro ben pagato, si sposò. Era bello sentirlo al telefono senza dover parlare delle voci. Poi un tracollo totale, problemi al lavoro, problemi di copia,la fine di tutto. Forse aveva fatto il passo più lungo della gamba. Corsi da lui e ritrovai i mostri. Ero già malata e dovetti comunque trovare le forze per bloccarlo fisicamente per impedirgli di farsi del male. Ripartimmo un'altra volta da zero. Ora vive e lavora in un posto in cui si trovano anche altre persone in difficoltà. Una piccola vittoria di un grande uomo colpito da un'ennesima sconfitta. So che non potrò salvarlo e proteggerlo da tutte le difficoltà che incontrerà in futuro, ma sento di poter dire di averlo aiutato a trovare qualche strumento in più per cavarsela. Probabilmente gli obiettivi come l'amore, i figli, il successo e le conferme dalla società, che perseguiamo noi persone 'normali' sono troppo grandi per una persona fragile come lui, e credo sia stato quello il motivo della crisi totale in cui si è ritrovato qualche tempo fa. Ma è sopravvissuto e ha di nuovo iniziato ad apprezzare la vita, anche se la sua, rispetto agli 'standard' della società sarebbe un' esistenza molto semplice e umile. Per quel che mi riguarda, mio compito più grande è ricordargli sempre, di non perdere di vista una cosa molto importante, forse la più importante di tutte. Il fatto che la sua FATICA di alzarsi ogni mattina e passare abbastanza bene la giornata equivale (anzi supera) la fatica di un top manager che deve gestire una multinazionale, che il fatto che riesce ad affrontare a fatica i deliri è un SUCCESSO più grande di un CEO che chiude l'anno con miliardi di fatturato e che per questo motivo mio fratello è e sarà sempre un GRANDE<3, perché nonostante tutta la fatica che gli costa gestire gli incubi del passato e i deliri del presente, ha ancora voglia di provarci e riprovarci ogni volta. Revy, ti auguro di cuore di trovare presto uno spiraglio e degli aiuti che possano permettere a te e a tua sorella di vivere in una dimensione più serena. Se posso esserti d'aiuto scrivimi in privato. Un abbraccio.
"Per molti anni ho vissuto una situazione simile alla tua ed è per questo motivo che mi permetto di condividerne una parte con te,"
Fuck.....Ma è mai possibile che ti attacchi a tutti gli sfoghi possibili e immaginabili per raccontare di te? Ma dico... ..Ma un bel chissenefrega no? Lo sfogo è di Revy ma perché non ti apri uno sfogo per i cazzi tuoi e la pianti di fare la scimmia? Anch'io di qua, anch'io di là, sapessi di qua, sapessi di là... Un gatto attaccato ai coglioni proprio
Revy mi dispiace per la tua situazione e come ha detto l'anonimo sopra, devi cercare di aiutare tua sorella senza però sacrificare.Totalmente la tua vita.Ti auguro di riuscire a conciliare le due cose senza sentirti troppo in colpa π
Fucktotum grazie per aver condiviso la tua storia, so quando sia stato e sia tutt'ora difficile; a volte penso che lo sarà per sempre, ma non mi arrendo. Un abbraccio.
Grazie,
Anonimo delle 15:47 π Grazie a tutti.
Piccola dolce Revy, mi sei arrivata in modo fortissimo.
Bacino
Contraccambio Confusissima.
Fuck..ma perché non ti apri uno sfogo per i cazzi tuoi e la pianti di fare la scimmia?
A me invece pare che la scimmia che non ha nulla di suo da dire e al massimo sa copiare alla lettera i consigli già detti dagli anonimi (giusto per non dare troppo nell'occhio)si sia fatta viva proprio alle 15:47.
Che strana coincidenza, perché le volte in cui mi sono dilungata condividendo qcosa di personale si contano sulle dita di una mano. Tipo nello sfogo di Daker mesi fa. Ma se non ricordo male anche lì la scimmia non si è fatta attendere.
Molto bene, finalmente ti si può chiamare con un nome che racchiude perfettamente il modo in cui ti poniπ
@anonimo 15,47
Dire di aiutare una persona con "fragilità" psichiche senza sacrificare la propria vita, quando questa è proprio una parte di quella vita che non dovrebbe sacrificare, è di una banalità unica, ma questo, bada, è un buon segno, può significare solo due cose, la prima è che non hai mai avuto una persona che ami con queste problematiche, la seconda è che pur avendola hai sviluppato un tale senso di menefreghismo che riesci a fare un passo di lato e ti disinteressi di chi condivide la tua vita. Bene per te in tutti e due casi, ma ti consiglierei di tenerti per te i tuoi consigli la prossima volta, tu non sai quanto possa essere dolorosa una frase del genere per chi la vive. Revy ha appena accennato tutta quella parte di disperazione e di impotenza con la quale deve fare i conti, non ha parlato di quelle notti buie dove ti svegli apri gli occhi e fissi un soffitto irraggiungibile ed invisibile, quando quel buio ti entra dentro e vedi solo disperazione e nessuna via d'uscita, e cerchi quel maledettissimo pulsante che faccia smettere tutto, che si porti via la malattia il tuo caro e te stesso, e poi arrivano i sensi di colpa per aver ceduto allo sconforto, ed anche quelli non sono teneri con te, mordono e strappano via tutto e quel buio nella stanza entra ancora piu in profondità. Certo non ci sono solo questi momenti, esistono anche quelle esplosioni di speranza e fiducia nel futuro quando vedi che il tuo caro migliora, finalmente una di quelle merdose cure sparate come una roulette impazzita sembra avere effetto, veramente ci sono momenti dove pensi che i medici si bendino infilando una mano nel cappello e tirando fuori una scatola a caso dal nome improponibile, a volte vedi il tuo caro nervoso, altre iperattivo, altre come uno zombie con occhi inespressivi imprigionato in una vita al rallentatore, e delle volte invece sembra che funzioni lo vedi stare meglio, non fa discorsi strani non viene braccato dai suoi demoni interiori, e pensi che stavolta ci siamo, qualcosa cambia davvero, no, non cambia mai davvero. A volte la follia ti raggiunge, e ti tocca per un attimo, quelle voci di cui parlava factotum io le ho cercate le ho invocate, perché se le avessi sentite anch'io allora era tutto vero, allora non era schizzofrenia. Poi c'è la paura di poter essere come lui/lei, abbiamo lo stesso sangue, e temi che la stessa cosa possa capitare a te o ai tuoi figli, quella parola, familiarità che compare nel DSM è mostruosa. Come fa a non toccarti una cosa del genere amatissimo anonimo, una buona parte delle scelte di Revy sono governate da questa cosa, il suo indirizzo di studi non è casuale. Ora veniamo a factotum, ho letto il suo post, fosse stato il doppio piu lungo, il triplo il decuplo, quello che è rimasto alla fine è la frase conclusiva vale tutto quello che ha scritto prima, questa merda di malattia non può risolverla nessuna parola di nessun forum, ma un gesto di solidarietà è manna nel deserto
ciao nessuno puo capire il tuo dolore però hai reso l'idea, il terrore e l'angoscia che si prova... sei una persona speciale per riuscire a sopportare tutto questo io non ne sarei capace...ti auguro di trovare un pò di serenità.
Che diagnosi ha la sister?